Facile dire smart working, ma l’esperienza di migliaia di italiani alle prese con emergenze domestiche, ansia, angoscia, sta dimostrando che alla prova dei fatti il lavoro da remoto, presenta più di una problematica.
Questo accade nell’emergenza anche per le caratteristiche di “sperimentazione forzosa e forzata” del lavoro in remoto a cui molti italiani e molte aziende devono adattarsi, ma assume l’importanza di un laboratorio per verificare e mettere a punto ció che potrà accadere domani.
La legge n.81/2017 ha introdotto la possibilità di ricorrere al lavoro agile, inteso come combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione anche nell’esecuzione delle attività di lavoro subordinato.
Per “lavoro agile”, o “smart working”, si intende una peculiare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa comunemente definita come la possibilità di svolgere il lavoro ovunque e in qualsiasi momento, utilizzando nuove tecnologie di informazione e di comunicazione, in particolare i dispositivi mobili (smartphone, tablet, laptop).
La specifica situazione dovrà quindi essere oggetto di valutazione e analisi, impiegando inevitabilmente strumenti che si discostano da quelli tradizionalmente utilizzati. Meno evidente, ma non meno importante è l’impatto psicologico del mutato contesto operativo. Ritrovarsi a operare in un ambiente “nuovo”, seppur familiare, prevede inevitabilmente nuovi ritmi, tempi ed elementi di complessità, quali ad esempio la presenza di famigliari o, al contrario, la solitudine. Tutti questi fattori, oltre alla necessità di abituarsi a lavorare sempre più per obiettivi e sempre meno per “orari di lavoro” possono essere fattori di stress, così come il rientro a un’operatività normale dopo un periodo prolungato lontano dal luogo di lavoro abituale. Di qui la necessità di definire un nuovo insieme di regole di ergonomia, sicurezza, formazione e assistenza per rendere compatibile lo smart working sia con le esigenze dell’azienda sia con quelle dei lavoratori, costretti a muoversi in un nuovo scenario caratterizzato da nuove postazioni di lavoro, una diversa organizzazione delle attività, senso di solitudine, scarsa concentrazione oltre ai problemi di convivenza fra le sollecitazioni di una comunità familiare e le esigenze del lavoro.
Il tutto con l’obiettivo preciso di fare del lavoro remoto una opportunità positiva per i lavoratori e l’impresa.
In definitiva, lo Smart-working prevede:
1) la responsabilità del datore di lavoro sulla sicurezza del lavoratore;
2) le regole per gli accordi tra le parti;
3) la parità di trattamento economico e normativo tra chi lavora in smart working e chi lavora esclusivamente in ufficio all’interno della stessa azienda;
4) il potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore;
5) l’obbligo per il datore di lavoro di presentazione dell’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro;
6) le regole sulla copertura assicurativa del lavoratore.
Infine, non bisogna mai confondere lo Smart-working con il telelavoro, perché se l’azienda chiede che ad esempio il lavoratore sia “presente” dalle ore 08:30 alle 12:30 e dalle 13:30 alle 17:30 non è più un lavoro “Smart” ma esclusivamente telelavoro .