Servire le leggi dello Stato, tra bene e male

Chi ha memoria storica o si trova ad essere semplicemente, un appassionato di fatti realmente accaduti, legati alla criminalità organizzata nel nostro Paese, appena appresa la notizia delle vicende della caserma di Levante, non ha potuto non portare la sua mente, all’analoga, seppur più crudele e confermata banda della Uno bianca.

La collocazione geografica resta quasi la stessa, quella dell’Emilia Romagna.

Il periodo storico è senz’altro diverso: i fratelli Savi hanno agito con atti prettamente criminali, più associati all’epoca, fine anni ’80, inizi e per metà degli anni ’90.

Tutti reati confermati e processati.

Il gruppo era costituito da legami di sangue, tutti indossatori della divisa della Polizia di Stato Italiana;

I secondi, quelli attuali, i presunti malviventi dei giorni nostri, sono colleghi, invece appartenenti alla caserma di Carabinieri di Levante, in provincia di Piacenza.

Che nel 2018 fu addirittura menzionata, nel corso della cerimonia per i 204 anni della fondazione dell’Arma, come la più attenta ed impegnata soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti.

Per sommi capi.

A questa onorificenza, immaginiamo l’orgoglio da parte dell’appuntato Montella, autodefinitosi il boss in alcune intercettazioni telefoniche diffuse dai media, e collaboratori vari.

Le differenze di azione e reati sono ben diverse: la banda della Uno Bianca, cosi battezzata per il modello ed il colore di auto che utilizzavano per mettere a punto i loro colpi, basavano il loro secondo lavoro, in rapine a mano armata ai danni soprattutto di caselli autostradali, causando omicidi e ferimenti vari.

Quella che sembra poter essere definibile, se tutte le circostanze rese pubbliche dovessero essere confermate in sede processuale, come la banda di Levante, ha utilizzato impropriamente la divisa d’ordinanza, per il giro di arresti illegali, spaccio di droga, estorsioni.

Tutte avvenuti, presumibilmente, con indosso ancora la divisa di servizio.

Entrambe le organizzazioni, hanno agito, indistintamente, basando la loro attività extra lavorativa, su una sorta di cupola: ai vertici il boss, accanto e sottomessi, i soldati.

Proprio tutto ciò che un servitore della patria, avrebbe dovuto smantellare e dalla quale avrebbe dovuto difendere la nazione.

Ed ora starete a chiedervi, quale possa essere il reale parallelismo dell’azione di queste due divise?

Di questi due gruppi che hanno agito con azioni diverse?

Non a caso quelli della Uno bianca hanno una storia più forte ed hanno lasciato un’impronta decisamente più marcata nella storia delle vicende della nazione.

Ma entrambi hanno agito non solo approfittando della loro posizione, nei confronti e nei danni di italiani, gente locale ed extracomunitari, ma lo hanno fatto per divertimento.

Per superiorità morale e professionale.

Per supremazia.

Per vanità.

Approfittandosene del loro tesserino d’ordinanza.

Tutto alle spalle e ai danni del cittadino.

Che ancora ora vuole continuare a credere nella legalità e in tutti coloro che ne fanno parte.

Non facendo di tutta un’erba, un unico fascio.

Oggi e allora, è però lecito domandarsi, chiedersi ed indagare, come sia stato possibile che per anni nessuno si sia posto delle domande, dei dubbi soprattutto sul tenore di vita di semplici appartenenti alle forze dell’ordine?

Ancora più grave il fatto, che per anni, chi avrebbe dovuto controllare per ordine gerarchico, non abbia mai voluto approfondire su risultati efficienti ed efficaci, a volte anche celeri, nel portare avanti e concludere delle indagini che, il più delle volte, richiedono tempi e mezzi più approfonditi per la loro risoluzione.

E di questo il nostro Paese, ne è stato sempre l’inizializzatore.

Ad oggi è più che giusto affermare che chi abbia commesso queste azioni criminose, debba pagare, dopo un giusto processo.

Ma di questo, per lo scarso controllo, e nel senso etimologico del termine, debbano essere considerati tutti ipotetici e presunti delinquenti, in quanto chi ha visto e sapeva, ha chiuso occhi ed orecchie.

Chi avrebbe dovuto porsi dei dubbi ed incanalare il suo reale lavoro, ossia verificare, ha omesso, forse per mancanza di voglia o per totale fiducia nei confronti dei probabili banditi colleghi.

Forse vogliamo ancora credere che sia cosi.

Che ci sia stata negligenza dietro questo caso che, per anni è rimasto in silenzio, ed oggi fa un assordante rumore.

Che la legge faccia il suo corso.

Chi ha sbagliato assuma su di sè le legittime conseguenze.

Vogliamo ancora prestare fede, che la scritta nei tribunali dello Stato Italiano sia sempre in vigore:

La legge è uguale per tutti

Ed il buon Cittadino, come affermava Cicerone, è quello che non può tollerare nella sua patria, un potere che pretende d’essere superiore alle leggi.

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