La scuola sarà il banco di prova per il premier Giuseppe Conte? L’apertura dell’anno scolastico, fissata per il 14 settembre, vale più di un test per la tenuta del governo giallo-rosso.
Al netto delle polemiche sulla sicurezza da garantire in vista della ripresa, frontale, delle attività didattiche e dei test, rapidi, effettuati in questi giorni ai docenti e al personale ATA si è aggiunta nelle ultime ore quella più personale, e di maniera, degli insegnanti affetti da patologie di vario genere che alla luce della ripresa dei contagi su scala nazionale chiede, per la tutela della propria salute, di restare a casa. E così si è aperto un altro fronte nella scuola italiana, fucina degli umani problemi e dei limiti della società, ed è quello del reclutamento dei supplenti per sopperire alle defaillances di chi si rifiuta di tornare in classe a queste condizioni. Condizioni ancora confuse, e precarie. Condizioni allo stato solo annunciate da quella che sembra essere diventata la ministra più invisa e impopolare degli ultimi decenni repubblicani, Lucia Azzolina. La titolare del dicastero della Pubblica Istruzione da settimane è impegnata in una campagna di annunci, mediatica e social, senza precedenti per dribblare gli attacchi trasversali e il fuoco amico. Azzolina punta a riportare tutti in classe a dispetto della curva dei contagi. Il contrario sarebbe per lei un fallimento dopo mesi di fermo e studi di strategie per riaprire le scuole a settembre. Ma settembre è domani e l’obiettivo sicurezza tanto sventolato dalla ministra appare sempre più un miraggio. E poi c’è il nodo dei trasporti, degli spostamenti da e per gli istituti scolastici, e i contatti all’entrata e all’uscita delle lezioni.
Da molte settimane è il cruccio dei dirigenti scolastici, unici veri responsabili della sicurezza a scuola, alle prese con l’intrigo di dispositivi e disposizioni in continuo aggiornamento. Ed è la denuncia più frequente dei sindacati, e l’assillo dei genitori, seriamente allarmati. E il filo conduttore delle lagnanze, fondate, dei docenti, la più bistratta categoria professionale nazionale, che hanno realmente contezza dei rischi che si corrono in classe. Garantire il rispetto delle regole di distanziamento sociale tra bambini e ragazzi è impresa quasi impossibile. Non è certo una questione di banchi con le rotelle ma di relazioni sociali fondamentali a quella età. La scuola è da sempre luogo deputato al contatto umano, al confronto, all’inclusione, ai rapporti che a volte durano nel tempo e si sedimentano nell’animo. Distanziare a scuola equivale a condizionare e a scavare già un abisso nelle vite e nelle relazioni degli studenti. Convivere col virus è vivere a metà.
Pertanto la scuola resta lo specchio del Paese. Ma l’immagine che riflette è assolutamente distorta. Rispecchia insomma lo stato confusionale in cui rischia di precipitare, insieme al sistema scolastico nazionale, il Governo guidato dall’avvocato Giuseppe Conte.