L’intervista prende vita presso la casa di Montemiletto (AV) dell’onorevole Michele Gubitosa, accolti da calore, foto e ricordi di un giovane imprenditore che ha iniziato la sua carriera professionale a soli 17 anni e ad oggi, ormai quarantenne, ha fondato un’azienda leader del settore informatico nel suo comune natìo, Montemiletto (AV).
Michele Gubitosa, imprenditore di prima generazione che ha creato l’azienda più grande che il suo paese di origine abbia mai conosciuto così come è il primo parlamentare del suo comune natìo al quale è rimasto sempre legato tanto da restarci a vivere, in quasi venticinque anni ha realizzato un vero e proprio indotto informatico, di primaria importanza, presente nella provincia di Avellino che eroga servizi in tutta Italia. Ha oggettivamente creato migliaia di posti di lavoro, sia direttamente che indirettamente, seguendo la nascita di altre imprese formate da ex collaboratori contribuendo,in questo modo, a creare altra occupazione, tra giovani e famiglie.
Questa è stata la mia più grande soddisfazione- ha iniziato a dirci Gubitosa commosso – vedere tanti ex dipendenti aver preso spunto dalle mie idee e, con il tempo, aver avviato, a loro volta, aziende con tanti posti di lavoro e di successo.
Terminata la sua esperienza nel mondo calcistico dove per 3 anni è stato prima vicepresidente e poi presidente della squadra di calcio dell’Avellino, portandola in serie B, nel 2018 è divenuto parlamentare all’interno del Movimento 5stelle, dedicandosi a pieno alla politica senza mai perdere i contatti con la sua vita, professionale ed affettiva, di tutti i giorni e con la sua terra.
Da politico e da imprenditore, qual’è la sua visione delle aziende in questo periodo storico. Quali le ripercussioni del COVID-19 sulle partite IVA?
“Il Covid c’è, esiste. Non possiamo far finta che non ci sia. Le ripercussioni, sia per la salute del cittadino che per il suo lavoro, sono alquanto deboli. Rispetto a marzo, oggi la situazione è peggiore per l’economia delle partite iva. Essendo un parlamentare di maggioranza, e facendo parte della commissione bilancio, ho potuto verificare come l’errore che, in questo momento, si tende a fare, secondo la mia visione è l’aiuto da parte dello Stato distinguendo per settore o meglio per categoria. Purtroppo è un errore che tendono a commettere molti dei miei colleghi a Montecitorio. La frase più sentita è “dobbiamo aiutare i settori colpiti, quelli in crisi”. Da imprenditore, prima ancora che da politico, questa è una percezione che per me andrebbe eliminata perché, ad eccezione del settore alimentare, ad oggi, non esiste nessuna categoria che non sia stata colpita dalla crisi. Bisogna agire sulle singole aziende. Il Coronavirus, attualmente in circolo, tendo a paragonarlo ad una calamità naturale, molto simile ad un terremoto. Io sono Irpino e non posso dimenticare quello che nel 1980 colpì la mia zona e di cui a breve ricorrerà il 40° anniversario. In quel periodo gli aiuti furono dati a tutti. Non vi fu, quindi, una suddivisione di zona ma furono elargiti gli aiuti per il ripristino dei danni della casa indipendentemente dalla localizzazione, se colpita o meno in maniera cruenta rispetto ad un’altra. Ciò significa che l’aiuto è stato dato a tutti, faccio un esempio: una zona in cui il terremoto era stato più devastante, ma l’abitazione non aveva subìto il danno, per quella casa non vi è stato sussidio seppur sita in zona a rischio mentre, se in altro luogo il terremoto ha avuto un impatto meno drastico ma, vi era una casa completamente distrutta, la famiglia ha potuto ugualmente essere beneficiaria dell’aiuto da parte dell’allora governo in carica. All’epoca, quindi, fu adottato il criterio di verifica della singola abitazione danneggiata ed in base al danno hanno sussidiato il futuro beneficiario attraverso una commissione esaminatrice o di periti.”
Quindi quali sono i suoi prossimi obiettivi in tal senso seguendo questa metafora?
“Il mio primo obiettivo, infatti, soprattutto per il 2021 è un aiuto alle imprese non per codice ATECO ma, per quello che hanno subito, per le perdite che hanno affrontato attraverso, quindi, l’utilizzo e la fruizione di ristori a fondo perduto, supporti e, garanzie bancarie a chi è stato intaccato dal Covid, attraverso il supporto di una commissione, un sistema di revisori contabili che, adottando dei parametri di valutazione, permetteranno all’azienda di stabilire la quota beneficiaria. Già a marzo, durante il primo lockdown della nazione, mi sono battuto per l’erogazione di questi aiuti, ottenendo i consensi e cosi facendo abbiamo aiutato le aziende, le partite Iva. Occorre sussidiare e sostenere tutti senza distinzione. I mezzi dovranno essere ristori a fondo perduto, crediti di imposte per le aziende e cassa integrazione per i dipendenti.L’unico modo per salvare le aziende non è fare dei prestiti ma dare dei soldi che, poi non devono essere restituiti. Un debito resta li nel bilancio e, a fine anno, quello stesso debito è un problema per il patrimonio dell’azienda e dei soci. Bene quello che ha fatto lo Stato per il 2020, ma per il 2021 mi aspetto di non dividere più i settori. E mi batterò per questo come avvenuto sino ad ora.”
Cosa pensa delle aziende che sono rimaste aperte a marzo in pieno lockdown e fino ad oggi, hanno probabilità di ripresa maggiore rispetto a chi è stato costretto a sospendere l’attività?
“Il tema è contraddittorio, in quanto un’azienda che è rimasta aperta durante il lockdown e lo è ancora ora, non è sempre un bene perché, non è detto che stia producendo, e quindi che stia fatturando. Come esiste una riproduzione del ciclo della vita, un concetto che porto sempre con me come ricordo del film per bambini, Il Re Leon, che guardo spesso con mio figlio, e che trovo pieno significato, esiste anche un ciclo delle aziende dove tutto è un equilibrio ed ha un collegamento. Possiamo tenere aperte le nostre sedi e sospirare ma non è detto che, seppur aperte, stiano producendo e, di conseguenza, se non producono se ne chiuderà un’altra, perché sono tutte collegate tra di loro. Chi non vive l’azienda e la sua operatività non può sapere. Tenere aperta una impresa e chiedere in contemporanea ai cittadini di non uscire è come chiedere ad una persona di tenere un rubinetto dell’acqua in casa ma, non gli è concesso di aprirlo perché, non vi sarà erogazione dell’acqua. Se non vi è circolo di persone, si ferma anche la partita iva. Molte aziende se hanno chiesto di restare aperte molto presto, a conti fatti, chiederanno sussidi o saranno costrette a chiudere. Vi è una sequenza di avvenimenti che hanno forti conseguenze. Tenerle solo aperte non significa che vanno avanti. L’imprenditore è contento e rilassato ora, ma tra qualche mese,vedendo il fatturato, sarà costretto a prendere delle decisioni non felici. Quindi stare aperti si, ma lo Stato deve farsi carico dei dipendenti e della produzione mancata. Lo Stato deve colmare il gap del regime della produttività delle partite iva. Della differenza che c’è con una piena produzione, pagare i dipendenti rispetto alla situazione attuale con la presenza del Covid. Per essere chiaro, gli aiuti, per andare a regime, devono arrivare ad un rendimento pari al 100% se non raggiungono questa produzione ma solo, ad esempio, il 60%, lo Stato deve reintegrare il 40% perso e non prodotto. E via discorrendo. Tenerle solo aperte non significa che queste aziende vadano avanti. Occorre tutelare la salute del cittadino prima di tutto ma, di conseguenza e, di pari passo, aiutare le imprese a sopperire e sopravvivere. Se sono improduttive non serve che stiano aperte .”
A proposito di fondi Statali, che utilizzo occorrerà fare del Recovery fund ed eventualmente del MES?
“La mia visione personale è che non ci sarà bisogno del MES perché dobbiamo prima integrare i 209 miliardi del Recovery fund. Una volta che abbiamo aiutato le imprese, emessi titoli a tasso zero, lo Stato riesce ad andare avanti. Solo quando abbiamo definito l’utilizzo di questi 209 miliardi, se dovessimo avere ancora l’esigenza, si deciderà per il MES ma oggi, a mio avviso, è inutile. Vorrei ricordare che, allo stato attuale, nessun Paese Europeo ha fatto accesso al MES e, quindi, non vedo il motivo per il quale dobbiamo essere noi i primi a rivolgerci ad un fondo che è nato per gli Stati falliti. L’Italia saprà rialzarsi anche senza questo aiuto. Anziché essere sempre i pionieri in Europa, stavolta è bene vedere come si trovano gli altri a percepirlo. Facciamo andare loro avanti, osservarli e prendere di conseguenza una decisione congrua.”
Quali sono i consigli che si sente di dare come imprenditore, politico ma prima ancora da cittadino?
“Il mio è un consiglio di vita: evitare di far finta che il virus non esista. Nessuno si deve illudere di andare avanti nella vita quotidiana come prima. Ne il cittadino e ne l’imprenditore. Il virus c’è come c’è una guerra che in realtà è visibile e, non come siamo portati a pensare, che sia invisibile. Perché causa morti tutti i giorni, quindi protezione rispetto delle regole, mascherina, distanziamento sociale come stiamo facendo io e lei in questo momento. Per le aziende consiglio di utilizzare tutti gli strumenti che lo Stato mette a disposizione e reagire piano piano. Perché nessuno va lasciato indietro e nessuno deve sentirsi tale”.
Auguriamo un buon lavoro a Michele Gubitosa e lo ringraziamo per aver concesso questa intervista.