Oramai è ufficiale: nei momenti di crisi, i gesti simbolici valgono più di quelli pianificati attentamente.
Il Governo, PD-5 Stelle, sembra infatti intento a tornare alla carica sulla questione della riapertura delle scuole, una riapertura che si potrebbe definire “in grande stile”, siccome durerà sette giorni su sette, per tredici ore al giorno.
L’idea è quella di “spalmare” le varie classi in orari differenti, così da ridurre le interazioni tra studenti di varie classi. Una precauzione che sarebbe sicuramente geniale, se i professori fossero magicamente diventati immuni al virus e di conseguenza non rappresentassero più un possibile vettore in grado di trasportare il virus dalla classe 1A alla 5B.
Senza contare che il pericolo principale a scuola sono i propri compagni di classe, non certo dai ragazzi nella classe accanto.
Un altro punto su cui il Governo ha insistito molto in questi giorni è il fatto che il virus non si trasmette tra i banchi di scuola, ma piuttosto nel tragitto che porta gli studenti all’istituto. Di conseguenza, cominciare a mandare gli studenti a scuola in orari differenziati li esporrà ad una minore possibilità di venire contagiati. Una possibilità che era già stata azzerata grazie alla didattica a distanza.
Il primo passo del Governo verso questo obiettivo sarà ritornare alla didattica divisa tra distanza e presenza, che era stata già attuata a settembre con i risultati che abbiamo tutti potuto osservare, prima delle vacanze di Natale.
Subito dopo, il governo dovrà trovare il modo di giustificare questo aumento di ore lavorative agli occhi dei professori.
Ovviamente, un aumento di stipendio potrebbe essere un buon incentivo, ma lo Stato, con il debito pubblico pari al 133%, può davvero permettersi di diventare così generoso con gli stipendi di insegnanti, collaboratori scolastici e presidi in questo periodo di crisi sanitaria ed economica, di cui tra l’altro non si intravede la fine? Quei soldi non sono forse necessari nelle tasche di qualcun altro?
Ovviamente sì, ma dare la cassa integrazione a coloro che hanno perso il lavoro in questo periodo è semplicemente il dovere di uno Stato, non un’incredibile dimostrazione di forza e competenza che assicurerà alle prossime elezioni il voto dei cittadini che ne rimarranno ammaliati.