Cento anni fa moriva Max Weber, sociologo, filosofo, economista e storico tedesco vissuto a cavallo tra il XIX e XX secolo. E’ lecito sostenere che la lezione del classico dei classici per eccellenza è sempre viva anche ai giorni nostri. L’agire razionale rispetto allo scopo delle società moderne e post-moderne (agire dotato di senso) è qualcosa che si protrae nel tempo cosi come il capitalismo economico, le manovre di mercato, la burocrazia, il potere politico, tutti concetti questi affrontati nelle opere del sociologo tedesco più di un secolo fa.
Weber prospetta il quadro di una società individualista incentrata su un tipo di agire utilitaristico, strumentale, opportunistico, nel quale la dimensione valoriale e affettiva degli individui trova spazio soltanto come variabile funzionale allo scopo. La razionalità rispetto allo scopo è sempre legata ad un tipo di razionalità rispetto al valore, perché nelle società moderne il valore e lo scopo sembrano quasi coincidere.
Weber sosteneva che la razionalizzazione estrema delle società capitalistiche occidentali, basate sulla massimizzazione dell’economia e del profitto, avrebbe condotto alla creazione di figure vuote, astratte, all’annichilimento dell’individuo, alla spersonalizzazione ed alla disumanizzazione dei rapporti sociali e delle relazioni umane. L’agire razionale strumentale avrebbe condotto ancora alla creazione di individui imprigionati nel loro stesso processo di razionalizzazione estremo, imprigionati in un mantello sottile che diventava una gabbia d’acciaio, un sistema razionale che conduceva alla razionalizzazione delle menti e degli stili di vita. Secondo Weber la macchina cieca delle società moderne veicolava le persone verso una sorta di impietrimento della meccanizzazione.
“Un giorno non ci sarà più niente da razionalizzare perché tutto sarà divenuto razionalizzabile”, espressione con la quale Weber manifestava tutto il suo disagio e disincanto dal mondo.
Un sistema sociale che si protraeva nel tempo a causa del meccanicismo e del rigidismo dell’apparato burocratico e grazie anche all’influenza dei leader carismatici politici, di coloro cioè che perpetuano l’esercizio del potere attraverso la capacità di trovare obbedienza attraverso la produzione e la legittimazione del consenso sociale.
E’ pur vero che Weber aveva vissuto in un contesto burocratico tedesco profondamente maschile e composto da funzionari ligi alle leggi, scrupolosi, metodici, consapevoli del loro ruolo. Oggi i tempi possono dirsi cambiati ed anche migliorati per certi aspetti (vedi ad esempio l’emancipazione della donna nel mondo del lavoro), ma la burocrazia resta sempre una struttura centralizzata, lenta, rigida, standardizzata, spersonalizzata, cosi come il personale impiegatizio a suo servizio.
I concetti di società individualistica, razionalizzazione, capitalismo e burocrazia si ricollegano poi ad un’altra opera significativa di Weber, quale “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”.
Il concetto di “Beruf” (vocazione) indotto dall’influenza del protestantesimo Luterano e Calvinista, fa riferimento ad uno stile di vita basato su una condotta di vita ascetica e intra-mondana, una condotta di vita disciplinata e metodica che rispecchiava la logica capitalistica incentrata sul lavoro, sulla produttività, sul risparmio e sugli investimenti economici. Una vera e propria vocazione professionale all’insegna della glorificazione di Dio attraverso il lavoro inteso come accumulo di capitale, come condotta di vita incentrata sulla sistematicità, sulla metodicità, come massima razionalizzazione e legittimazione del capitalismo occidentale moderno.
Lo spunto riflessivo sul quale Weber ci illumina oggi risiede nell’osservare come la religione continui ad influenzare non soltanto l’eventuale modus operandi imprenditoriale, sempre in continua mutazione, ma in generale come essa incida in maniera significativa nella vita quotidiana delle persone, nell’interiorizzazione valoriale di un ordinamento morale e sociale che determina la canalizzazione e la calendarizzazione degli stili di vita individuali e sociali.
La religione, mai secolarizzata e mai laicizzata, è sempre presente nella percezione cognitiva ed emotiva degli individui relativamente all’assimilazione ed all’interpretazione dei fenomeni della realtà sociale. Qualcosa che traspare ad esempio nelle omelie dei politici, nei discorsi dei conduttori dei programmi di intrattenimento televisivo, o nelle dinamiche di socializzazione che si sviluppano nella rete e nei social network, ecc.
Una presenza significativa e costante, quella dell’elemento religioso, che configura un processo di perpetuazione che Weber definisce con il termine di intra-mondanizzazione della secolarizzazione.
Nella stessa prospettiva Weber aveva visto lontano sul proliferarsi di una società individualistica che sancisce la supremazia dell’individuo sulla società, sul benessere collettivo, che sancisce la tutela degli interessi egoistici e competitivi come valore supremo, che sancisce in sostanza il trionfo del potere dell’individuo nella sua dimensione micro-fisica e macro- sociale- strutturale. Ciò a conferma della veridicità visionaria weberiana sull’ascesa teorica dell’individualismo metodologico di cui lo stesso Weber era fautore