Il detto “non è tutto oro quel che luccica” può fare riferimento, oltre che a metalli e pietre preziose, anche a luoghi apparentemente magnifici ma che “nascondono” un lato oscuro.
Si immagini la scena: un uomo in vacanza trova una distesa di sabbia bianca come il marmo, simile a quelle che si possono trovare ai tropici. Questa spiaggia si estende per ben quattro chilometri e si affaccia su un mare le cui acque sono di un azzurro più chiaro di quello del cielo.
Ingenuamente, egli pensa che quello sia proprio il posto perfetto per trascorrere una bella giornata di vacanza. Tuttavia, l’uomo si trova in Toscana, provincia di Livorno, più precisamente nel comune di Rosignano Marittimo e ancora più precisamente nella frazione di Rosignano Solvay, zona appartenente alla Repubblica italiana ma di fatto sotto occupazione Belga dal 1913, ovvero da quando è stata aperta una filiale del colosso industriale Solvay, che ha ottenuto in poco tempo il monopolio economico e politico del luogo.
Tutto quello che l’ignaro bagnante vede attorno a sé è artificiale: il colore biancastro della sabbia è la conseguenza di decenni di carbonato di calcio e di sodio smaltiti nella maniera meno ecologica possibile, mentre a dare all’acqua quella colorazione cristallina ci hanno pensato il calcare e il gesso, a cui, con gli anni, si sarebbero aggiunti anche mercurio ed arsenico.
Gli stabilimenti balneari sono gestiti dalla stessa Solvay, la quale ha provveduto a cercare un brevissimo tratto che funge da specchio per le allodole, spacciandolo per “l’unica tratto rischioso per la salute dei bagnanti”. Dopo essersi allontanati di circa 200 metri dalla zona con divieto di balneazione si può ammirare una falsissima bandiera blu, una presa in giro quasi pari alle dichiarazioni rese nel 1986 dall’Unione Sovietica riguardo alla gravità di ciò che successe a Cernobyl.
La storia di Solvay è vergognosa, soprattutto per il suo essere qualcosa che non risulta affatto nuovo nel nostro bel paese: un colosso industriale che prende accordi con le amministrazioni regionali per pagare una percentuale esigua di tasse, decreti legge fatti apposta per tutelare gli interessi dell’azienda, ignorando il disastro ambientale e gli effetti sulla salute dei cittadini, luoghi pubblici come scuole o ospedali nelle immediate vicinanze di una centrale che utilizza materiali nocivi in quantità superiori a quelle consentite dal ministero della sanità e ultimo, ma non meno grave, il silenzio dei media a riguardo.