La festa della Mamma è tutti i giorni, peccato che, più spesso di quanto dovrebbe essere, è solo un modo di dire in una circostanza come questa.
Ho capito il senso di questa parola e l’onore di celebrarla tutti i santi giorni ben quindici anni fa quando la donna che mi ha partorito dando la vita per mettermi al mondo, mi ha letteralmente abbandonata, solo con un “ciao” in un giorno di vento.
Di tutte le cose che potrei ricordarmi, ricordo solo questo, un bacio e un vento forte che le scompigliava quella chioma bionda, ma di tutto il resto, del prima o del dopo rimane solo un buco oscuro che mi porto dentro come un polmone e quante volte mi manca l’aria all’idea del vuoto, nonostante sia lì, funziona, ma non sono una macchina perfetta, ho bisogno del brivido del mal funzionamento, ho bisogno di esplorare questo spazio nero per rendere capace il mio slancio verso la luce, senza paura, anche se fa male.
Il primo respiro è quello più doloroso, il secondo è quello della speranza, dal terzo in poi mi rendo conto che posso farcela. Sono ancora qui, nonostante i miei affanni, nonostante te, donna.
Se in un tempo piccolo non riuscivo a starti vicina, oggi ti ho attraversata come un’onda in mezzo al mare lo fa con il vento, mi sono infiltrata dentro di te e non ho trovato un briciolo di me e di quello che sono oggi.
Non ti somiglio, grazie, perché questo è il regalo più grande che potessi donarmi. La tua assenza cara donna, mi ha insegnato più della tua innaturale presenza.
In questi anni ho imparato a dare il giusto valore a questa parola, Mamma, usandola con quelle persone che, senza chiedere niente, si prendono cura di te, a prescindere dalla biologia entrando, invece, a far parte della chimica, scienza che combina gli esseri umani in maniera quasi perfetta.
Tanti auguri Mamma.
Tanti auguri alle Madri che ho incontrato sul mio cammino e hanno deciso di fare un pezzo di strada con me, tenendomi per mano, a loro, le Madri con la M maiuscola, devo quello che sono.