In coincidenza con il primo maggio, giornata storicamente dedicata a celebrare il mondo dei lavoratori e per ricordare le lotte, tra alterne vicende, per aumentare i diritti dei lavoratori, il Governo di Giorgia Meloni ha licenziato un decreto-legge preceduto da un discreto battage che avrebbe dovuto servire a chiarire la portata sociale di tale provvedimento.
Sul fronte delle politiche attive per la verità niente, o poco, di nuovo sotto il sole.
A fronte del legittimo tentativo di rianimare l’occupazione il Governo ha riformato il contratto a termine cancellando le causali previste dal Decreto Dignità che prevedeva che se il contratto a termine fosse stato prolungato oltre i 12 mesi in assenza delle causali prefissate il rapporto di lavoro si trasformava in contratto a tempo. Ora c’è un generico rinvio ad intese tra aziende e sindacati.
Inoltre, il provvedimento governativo, appena licenziato, ha aumentato a 15 mila euro il limite annuo per coloro che vengono utilizzati in settori come fiere, eventi, stabilimenti termali, congressi e parchi di divertimento.
Quella che è stata la norma bandiera dei 5 Stelle, il reddito di cittadinanza, è stata ormai completamente smantellata e “poco sostituita”.
Il tutto per sostenere una economia che, come ci dice l’Istat, nel primo trimestre del 2023, ha registrato una crescita dello 0,5% in termini congiunturali e dell’1,8% in termini tendenziali.
Sul versante della sicurezza sul lavoro, a fronte delle 196 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail nel primo trimestre 2023, sette in più rispetto alle 189 registrate nel primo trimestre 2022, 11 in più rispetto al 2021, 30 in più rispetto al 2020, il Consiglio dei Ministri ha inteso rafforzare il sistema di controllo per le attività scuola-lavoro.
Per il sistema delle Piccole e Medie Imprese, vero asse portante dell’intera dorsale economica della Penisola, continua ad essere notte fonda.
In una Italia che sta cercando di rimettersi in marcia, dopo gli anni duri del Covid ed in presenza di una drammatica guerra in Europa, portata avanti con caparbietà da parte dei Russi di Putin che hanno voluto invadere uno stato sovrano come l’Ucraina, nonostante la buona volontà dei vari governanti sembra stia emergendo la consapevolezza che aumentare la produttività nazionale, e quindi il suo PIL, sia l’unica strada da seguire.
La riforma del codice degli appalti, pur rischiando di prestare il fianco alle bande criminali di cui è piena l’Italia da Nord a Sud, può essere una occasione, in mano ad amministratori guidati dal buon senso, da buone doti di capacità e dalla bussola dell’onestà, per ridare slancio all’economia con un utilizzo accorto ed assennato delle risorse del PNRR e di quelle ordinarie europee.
E’ ovvio che in un questo clima l’autonomia differenziata rischia di essere un tema troppo divisivo nuocendo irrimediabilmente all’economia del Bel Paese.
Insomma, diciamola tutta, non si fanno le nozze con i fichi secchi e governare è un’arte difficile e complessa che ha come grandi nemici la demagogia, la voglia di dividere e la volontà di impallinare provvedimenti che non hanno la targa del governante di turno.
L’Italia ha bisogno di più coralità e di meno ideologie stantìe, di ogni tipo.
L’Italia e la sua economia si giocano il futuro nell’utilizzo delle somme europee e quindi è urgente recuperare un rapporto di maggiore simbiosi con gli altri partner, a cominciare dalla Francia e dalla Germania, sperando di non sentir più parlare del gruppo di Visegrad che agli italiani non serve proprio.