ll Decreto Agosto, successivo ai precedenti decreti Cura Italia e Rilancio, ha introdotto una ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2020, del divieto di licenziamento per ragioni economiche, previsto, al fine di contenere la crisi economica connessa al diffondersi dell’epidemia da Covid-19. Tale blocco dei licenziamenti riguarda le procedure di licenziamento individuale e i licenziamenti collettivi. Si precisa , però, che restano escluse alcune fattispecie di licenziamento espressamente richiamate dal legislatore.
Inoltre, per le aziende con più di 15 dipendenti, è prevista la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo in corso e di quelle avviate dopo il 23 febbraio 2020.
LE IPOTESI DI LICENZIAMENTO ESCLUSE DAL BLOCCO
L’ articolo 14 del decreto legge n°104 del 14 agosto 2020 ha contemplato 3 deroghe oggettive al blocco dei licenziamenti in cui l’azienda può procedere al licenziamento:
-Cessazione definitiva dell’attività dell’impresa
-Incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, in seguito ad un accordo collettivo aziendale e con il singolo lavoratore
-Fallimento della società con cessazione delle attività
Nella prima ipotesi rientrano, quindi, i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività d’impresa legati alla messa in liquidazione della società.
Nella seconda ipotesi , invece, fanno parte i licenziamenti in caso di fallimento quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o in caso di cessazione. Si noti, però, che se l’esercizio provvisorio vale solo per un ramo dell’azienda, dal divieto sono esclusi solo i settori non interessati.
La terza deroga, infine, concerne la fattispecie di un’impresa che può licenziare con accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo concordando, con ogni singolo lavoratore, una risoluzione consensuale. In tale fattispecie i dipendenti licenziati usufruiranno del trattamento della Naspi.
Alle tre ipotesi previste dal legislatore, in via interpretativa, alcuni osservatori ne hanno aggiunte almeno altre tre:
– licenziamento al termine delle 18 settimane di cassa integrazione;
– licenziamento al termine dei 4 mesi di esonero contributivo;
– licenziamento come conseguenza di una riduzione di organico che porta alla chiusura definitiva di un comparto dell’azienda.
Nella ipotesi di utilizzo degli ammortizzatori sociali il divieto termina alla fine delle 18 settimane di cassa integrazione eventualmente richieste, ma comunque entro e non oltre il 31 dicembre mentre, nella circostanza di utilizzo dell’esonero contributivo, il blocco verrà meno nel momento in cui si esaurirà l’incentivo, ma non oltre 4 mesi dall’entrata in vigore del decreto. Per questi soggetti si applicherà un esonero contributivo che ha una durata doppia rispetto alle ore di ammortizzatore fruite nel bimestre di riferimento.
A queste ipotesi si aggiungono: a) i licenziamenti per giusta causa che, comunque, obbligano il datore alle procedure garantiste previste dall’art. 7 della Legge n. 300/1970; b) i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, ivi compresi quelli di natura disciplinare; c) i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia; d) i licenziamenti determinati da superamento del periodo di comporto; e) i licenziamenti per inidoneità; f) i licenziamenti dei dirigenti che sono determinati da “giustificatezza”; g) i licenziamenti per mancato superamento del periodo di prova; h) i licenziamenti dei lavoratori domestici che sono “ad nutum”; i) la risoluzione del rapporto di apprendistato.