Il Blue Whale Challenge, la nuova tendenza virtuale dell’orrore.

Oggi morire a 11 anni per un gioco virtuale sembra sia possibile e di tendenza.

Ed è ciò che è accaduto tra la notte del 28 e la mattina del 29 settembre scorso a Napoli, dove un adolescente, si lancia dal balcone e prima ancora, lascia un biglietto ai genitori con le sue scuse. Ancora tutt’ora sono in corso delle indagini, in quanto la Polizia di Stato e quella Postale e delle Comunicazioni di Napoli, non escludono che, l’adolescente possa essersi trovato a partecipare ad un “gioco”, un nuovo fenomeno di social network che porta, solitamente, alla morte causata da suicidio della vittima.

Clara Gambino

Ma cos’è nello specifico il Blue Whale Challenge? Il significato letterale è balena blu, in riferimento ai comportamenti apparentemente immotivati di spiaggiamento di questi animali che, lasciandosi andare a riva, disidratati, non hanno più forze, fino a trovare la morte.

Il “gioco”, nato nel 2016 e in grande espansione in diversi Paesi, si basa su una relazione virtuale tra amministratore o tutor (possono essere più di uno) e il giocatore (vittima).

Il tutor inizia a contattare tramite social e attraverso un profilo falso, la vittima individuata come tale e precedute da ricerche. Solitamente si tende a scegliere adolescenti tra i 10 e i 17 anni, ragazzi che per vari motivi non riescono ad integrarsi in un gruppo, che si sentono soli o diversi e, non sapendo come risolvere o uscirne, si rifugiano, quindi, in queste pseudo amicizie, con l’intento di stare bene ma soprattutto sentirsi parte integrante della società.

Ma alla fine sono solo dipendenti di un malessere travisato in “gioco” che può condurre al suicidio.

L’ideatore di questa nuova e pericolosa estrema sfida social è un ragazzo russo che, ad oggi, dichiara di aver creato questo “gioco” per spingere le persone che, giudicava indegne di vivere, all’uccisione. Definendoli scarti biologici. E definendosi esso stesso purificatore della società. A tutt’oggi in carcere reo confesso ma non pentito di, aver istigato attraverso questo “game” una quindicina di adolescenti, portandoli al suicidio.

Il “gioco” dopo aver reclutato le vittime, prende inizio con una serie di prove. Da varie ricerche condotte per contrastare questo ormai fenomeno, sembrano essere 50, della durata, quindi, di 50 giorni e che prevedono, tutte, azioni pericolose come autolesionismo, taglio delle vene, incisione di un proprio arto, procurarsi dolore, rimanere sospesi su un punto alto di un terrazzo o balcone per qualche minuto alle 4 del mattino o, uccisioni di animali, per poi mostrare il risultato, con la ripresa di video.

Ma ancora, le prove, prevedono di svegliarsi di notte e vedere film horror, scelti accuratamente dal tutor, fino ad agire sulla psiche del giocatore, oppure stare per un tempo limitato, sempre di notte, sopra i binari di un treno.

Durante queste prove, se la vittima dovesse mostrare anche un minimo ripensamento, attraverso evidenti segnali, l’amministratore mette in atto, minacce di ritorsione rivolte al ragazzo e contro i familiari della stessa vittima. Il gioco della morte termina, quasi sempre, con la cinquantesima prova che porta al suicidio dell’adolescente, riprendendo il gesto, anch’esso con un video o lasciando, come nell’ultimo caso avvenuto nel nostro Paese, un biglietto di scuse alla propria famiglia.

Il suicidio avviene attraverso la morte in diretta e via web, come accaduta in qualche episodio o, lanciandosi nel vuoto, come sembra nel caso della giovane vittima di Napoli.

Un tempo lo psicologo Dan Olweus aveva coniato il termine di bullismo per definire una forma di comportamento violento ed intenzionale, di natura fisica e psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuta nel nel tempo e, attuato nei confronti di persone considerate dal soggetto che, perpetra l’atto in questione, come bersagli facili e incapaci di difendersi.

Ad oggi si attua nello specifico, come definito dall’educatore canadese, Bill Belsey, il cyberbullismo, un nuovo maltrattamento, una nuova forma di bullismo, messa in atto attraverso gli strumenti telematici e, nei confronti degli adolescenti. Perché anche la violenza è divenuta anch’essa, ormai virale.

Nel sito della Polizia di stato, troviamo consigli utili per contrastare questo fenomeno adolescenziale, di seguito il link: https://www.poliziadistato.it/articolo/3859303d1ed8e5a566574486.

Perché ogni minimo segnale anche solo percepito, sia dall’adulto e sia da un compagno di scuola , o dalla vittima stessa, aiuta a prevenire l’espandersi di questo nuovo malessere sociale che si sta diffondendo soprattutto tra i più giovani.

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