Nel 2019, il Partito Democratico fece una proposta in Parlamento: abbassare l’età minima per votare a sedici anni. Tuttavia, dai sondaggi emerse che circa il 58% degli intervistati avrebbe preferito astenersi. Insomma, è ovvio che l’adolescente tipico di oggi non è certo quello degli anni dell’impegno politico. Come mai così tanti ragazzi non sentono più quel bisogno impellente di informarsi sulla politica e schierarsi a difesa dei propri ideali? Ci sono due motivi alla base: disinteresse e disillusione.
Partendo dal disinteresse: la generazione Z (ragazzi e ragazze nate dal 1998 in poi) è cresciuta circondata da apparecchiature tecnologiche che hanno come principale obiettivo la rapida e massiccia diffusione di informazioni. Questi dispositivi, di cui oggi nessun uomo o donna di nessuna fascia d’età può fare a meno, erano all’inizio visti dalle persone più anziane come poco più di dei giocattoli che sarebbero presto passati di moda. Un errore di valutazione che è costato, soprattutto ai politici, un prezzo veramente alto.
Un tempo, gli unici personaggi paragonabili ai moderni influencer erano i funzionari di Stato: gli imperatori romani coniavano monete con la propria effige, i re di Francia radunavano il popolo in piazza per farsi vedere mentre usavano il loro tocco con presunti poteri taumaturgici sui malati, Mussolini monopolizzò i nascenti media audio-visivi e tanti altri esempi.
Oggi invece sono comparsi nuovi soggetti al vertice della piramide sociale, i quali, pur non ricoprendo cariche importanti come un Giuseppe Conte o un Sergio Mattarella, possono contare su un’arma che persino due politici così di spicco, incredibilmente, non hanno nella stessa quantità: la visibilità.
Tutto questo costa alla politica un’enorme quantità di potenziali elettori; non solo perché, come ovviamente certe volte accade, questi personaggi possono schierarsi con l’opposizione, ma soprattutto perché, al diciottenne medio, cioè un potenziale votante, interessa più il nuovo video del proprio youtuber preferito piuttosto che gli argomenti trattati in parlamento, proprio perché i politici sono arrivati tardi sui social. La politica è così diventataun interesse secondario per la popolazione di internet. Del resto tutt’ora la classe politica continua a mettere i social in secondo piano rispetto alla televisione, che oramai i ragazzi considerano appena un soprammobile.
Come detto prima, non esistono solo giovani che non si interessano di politica: esistono anche quelli che non vogliono interessarsene. Semplicemente, dando una rapida occhiata ai partiti politici, molti ragazzi non si sentono tutelati, non si sentono rappresentati.
Infatti i ragazzi tendono a dare la colpa dell’alto tasso di disoccupazione e della loro incertezza sul futuro proprio alla politica, più che a singoli personaggi di spicco. Infatti, al giorno d’oggi, è raro trovare un esponente di un partito che esalti le azioni positive compiute dal suo schieramento, tendendo piuttosto a concentrarsi sulle critiche e gli attacchi agli avversari. Perciò, il giovane elettore indeciso viene bombardato da una valanga di esempi di errori commessi da chi ci governa e ciò li conduce inevitabilmente al pessimismo totale. I giovani quindi accomunano tutti i politici: la critica si ritorce anche su chi la effettua e si trasforma in rigetto della politica.
Facendo nuovamente riferimento ai sondaggi fatti nel 2019, è interessante notare come circa il 60% dei ragazzi che avevano le idee chiare sul loro orientamento politico abbiano affermato di essersi fatti un’idea tramite dibattiti avvenuti tra familiari e amici. Visto che il confronto è in grado di portare gli indecisi ad una presa di posizione, i pochi ragazzi che attualmente vogliono sostenere i loro partiti hanno a disposizione un’arma spaventosamente potente per avvicinare i propri coetanei alle loro idee.