Per contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus, la Commissione europea, il Parlamento europeo e i leader dell’UE hanno concordato un piano di ripresa nella speranza di aiutare l’UE ad uscire dalla crisi e gettare le basi per un’Europa più moderna e sostenibile.
Il bilancio a lungo termine dell’UE, unito all’iniziativa NextGenerationEU, che è uno strumento temporaneo pensato per stimolare la ripresa, costituirà il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’UE.
Per ricostruire l’Europa dopo la pandemia di COVID-19 è stato previsto lo stanziamento di 1.800 miliardi di euro con l’obiettivo di avere un’Europa più ecologica, digitale e resiliente.
Il nuovo bilancio a lungo termine potenzierà i meccanismi di flessibilità volti a garantire la possibilità di fare fronte a esigenze impreviste. Sarà quindi adeguato non solo alle realtà attuali, ma anche alle incertezze future.
Il 10 novembre 2020, in sede di Consiglio, il Parlamento europeo e gli Stati membri hanno raggiunto un accordo che andrà a rafforzare programmi specifici nel quadro del bilancio a lungo termine per il periodo 2021-2027, per un totale di 15 miliardi di euro di finanziamenti.
Insomma, l’UE sembra aver finalmente abbandonato le tradizionali politiche di austerità per sposare una linea di azione più aggressiva per rispondere a sfide nuove non solo legate all’evento pandemico ma anche ai nuovi contesti e scenari internazionali.
Per finanziare NextGenerationEU l’Unione europea assumerà, per la prima volta, prestiti sui mercati finanziari a costi più favorevoli rispetto a molti Stati membri e ridistribuirà gli importi.
Il Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021, come è ormai noto, ha proceduto ad approvare lo schema di Recovery Plan italiano, che poi dovrà essere inviato alle Camere per la valutazione parlamentare. L’approvazione è arrivata senza il voto il voto dei Ministri Elena Bonetti e Teresa Terranova, che si sono astenute.
Il dibattito politico, interno alla maggioranza di Governo, è stato anche legato al possibile utilizzo delle risorse del MES, che il partito di Matteo Renzi avrebbe voluto inserire nella programmazione del Recovery Plan mentre il resto dell’Esecutivo ha bocciato categoricamente, definendo la sede non appropriata alla discussione del caso.
Inevitabilmente, pur avendo superato lo scoglio del voto di fiducia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in previsione anche della discussione parlamentare sulla Relazione del ministro di Grazia e Giustizia Bonafede, ha deciso di aprire la crisi di Governo.
Tuttavia, crisi o non crisi, il Recovery Plan continua la sua marcia con la speranza di poterlo sottoporre nei tempi attesi a Bruxelles, in attuazione del programma Next Generation EU, varato dall’Unione europea per integrare il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 con le misure urgenti a sostegno della crisi socio-economica legate alla pandemia da COVID-19.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che non è altro che il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU ed lo strumento individuato per rispondere alla crisi pandemica provocata, parte da alcuni presupposti che caratterizzano la società italiana, soprattutto dal punto di vista economico.
Da oramai due decenni l’Italia cresce meno della media dei Paesi avanzati. Il PIL reale nel 2019 era ancora inferiore del 4 percento rispetto al 2007. Seppur in recupero negli ultimi anni, il tasso di investimento è rimasto sotto ai livelli pre-2008, anche nella componente degli investimenti pubblici. La spesa per ricerca e sviluppo è inferiore alla media UE, così come lo sono l’innovazione e digitalizzazione. Il tasso di partecipazione al lavoro e il tasso di occupazione sono tra i più bassi dell’UE, con un gap maggiore per l’occupazione giovanile e femminile. Persistono notevoli carenze educative in confronto alla media UE. Il tasso di fertilità è basso, anche nel confronto europeo, e in discesa. Gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) sono migliorati negli ultimi anni, ma la loro ripresa è minacciata dagli effetti della pandemia. Il divario Nord-Sud in termini di PIL, occupazione e BES si è aggravato. Il Paese è altamente vulnerabile a calamità naturali e dissesto idrogeologico. Il debito pubblico è il secondo più elevato dell’UE in rapporto al PIL mentre si prevede che la spesa pensionistica salga in rapporto al PIL nel prossimo decennio.
Insomma, un quadro di partenza non lusinghiero che faceva dell’Italia il grande malato europeo. In tale chiave va anche intesa la concessione di risorse, tra sovvenzioni e prestiti, di gran lunga superiori a quelle concesse agli altri paesi europei.
Gli obiettivi economici e sociali di lungo termine che il Governo si è prefissato sono riassumibili nel tentativo di raddoppiare il tasso di crescita dell’economia italiana (0,8% nell’ultimo decennio), portandolo quantomeno in linea con la media UE (1,6%); nell’aumentare gli investimenti pubblici per portarli almeno al 3% del PIL; nell’incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo; nel conseguire un aumento del tasso di occupazione di 10 punti percentuali per arrivare all’attuale media UE (73,2% contro il 63,0% dell’Italia); nell’elevare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale; nel ridurre i divari territoriali di PIL, reddito e benessere; nel promuovere una ripresa del tasso di fertilità e della crescita demografica; nell’abbattere l’incidenza dell’abbandono scolastico e dell’inattività dei giovani; nel migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati; nel rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese a fronte di calamità naturali, cambiamenti climatici e crisi epidemiche; nel garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica.
Obiettivi ambiziosi che necessitano di progetti condivisi, precisi e dettagliati. Ovviamente il clima politico non sembra favorire il raggiungimento di tali obiettivi. Le partite aperte sono tante, tra scostamenti di bilancio che aumentano sempre di più il deficit pubblico, da compensare con futuri e agognati aumenti della produttività nazionale, blocco dei licenziamenti, rinvio del pagamento delle cartelle esattoriali. Sono tutte importanti e decisive per il futuro economico del Paese.
Naturalmente dagli uffici di Bruxelles è già arrivata la ovvia richiesta di dettagliare i cronoprogrammi dei progetti e piano di riforme. Il governo ha provveduto in parte facendo riferimento alle riforme relative alla pubblica amministrazione, al fisco, alla giustizia, che se realizzate nei prossimi cinque anni, potrebbero avere un impatto positivo sul Pil superiore di un punto percentuale, cui si dovrebbe aggiungere, nelle aspettative e stime del Governo, la riforma del lavoro che dovrebbe portare una crescita di un ulteriore punto.
Indubbiamente la crisi di Governo, la paturnie dei partiti di Governo e le voglie di rivincita di quelli all’apposizione rischiano di non agevolare l’attività per presentarsi al meglio all’appuntamento con gli uffici di Bruxelles.
Insomma l’Italia ha un problema di credibilità da non perdere e di un patrimonio di fiducia da non disperdere, tuttavia si respira un clima intriso di paure e timori, soprattutto nei corridoi dei palazzi dell’Ue e nella Cancelleria europee, che in assenza di un governo supportato da una solida maggioranza politica e parlamentare, una volta ottenuta, entro giugno la prima tranche delle risorse assegnate al nostro Paese, non si sia in grado di procedere agli step successivi.
Ovviamente sarebbe un problema enorme alla luce del fatto che l’emissione di bond da parte della Commissione per finanziare sul mercato i 750 miliardi del Next Generation EU è collegata al rispetto del cronoprogramma precisato nelle linee guida dello scorso settembre e nell’accordo siglato in sede di Consiglio europeo lo scorso 10 dicembre.
Per il bene nazionale ci auguriamo che la saggezza di un grande presidente della Repubblica come Sergio Mattarella possa individuare una soluzione che consenta un ampio coinvolgimento delle forze parlamentari per intercettare le risorse del recovery Fund e poi, con calma, restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri governanti. In sintesi l’Italia non può permettersi di correre il rischio di impantanarsi nelle pastoie di una crisi politica senza fine che possa pregiudicare il compimento di tutti i passi necessari per ottenere l’intera tranche di finanziamenti europei.
Vediamo in sintesi quali sono i pilastri del Recovery Plan Italia.
La versione finale del Piano, approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 12 gennaio, si struttura su 6 aree di investimento:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura,
- rivoluzione verde e transizione ecologica,
- infrastrutture per una mobilità sostenibile,
- istruzione e ricerca,
- inclusione e sociale,
- salute.
Le sei missioni, a loro volta, raggruppano 16 componenti funzionali per realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo. Le componenti si articolano in 48 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti.
I singoli progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro. Per ogni missione, inoltre, sono indicate le riforme necessarie a una più efficace realizzazione, collegate all’attuazione di una o più componenti.
Le risorse del Recovery Plan Italia
L’Italia può contare secondo l’ultima versione messa a punto dal Governo su un budget complessivo pari a 223,9 miliardi di euro ai quali si sommano anche ulteriori fondi provenienti dai fondi strutturali che fanno ascendere le risorse ad oltre 311 milioni di euro.
DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE, COMPETITIVITA’ E CULTURA | 59,25 comprese risorse nazionali e di diversa provenienza fondi strutturali europei |
RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA | 79,70 “ |
INFRASTRUTTURE PER UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE | 33,14 “ |
ISTRUZIONE E RICERCA | 34,04 ” |
INCLUSIONE E COESIONE | 85,00 “ |
SALUTE | 20,73 ” |
TOTALE | 311,86 ” |