L’insegnamento è antico e giunge a noi dalla civiltà che aveva in Roma il suo epicentro. Ci viene da quella civiltà la consapevolezza che per crescere e svilupparsi è necessario il coinvolgimento di ogni aspetto della società. Non si riesce a farlo mai da soli. Roma divenne l’Urbe grazie a tre cose, il diritto, l’ingegneria e le legioni. Tutte e tre rappresentano una espressione che si basa su un un pensiero ed un agire collettivi e mai solitari.
La storia italiana è stata frastagliata e piena di pieghe, anche oscure.
Dopo Roma, i popoli del mondo conosciuto guardavano alla penisola come il luogo in cui ha prosperato uno stile di vita a loro sconosciuto. Chiunque è arrivato nello Stivale, anche per guerreggiare, non ha potuto fare a meno di innamorarsene e anelare ad una integrazione sulle radici degli insegnamenti di Roma. Longobardi, Normanni, Angioini, Spagnoli di ogni tipo, perfino Arabi si sono liquefatti al cospetto della bellezza, della storia, della civiltà, della cultura e degli stili di vita che caratterizzavano i litigiosi, anche tra di loro, italici.
Oggi non è il compleanno dell’Italia. L’Italia per fortuna ha una storia più antica dei solo settantacinque anni da quel due giugno del 1946. Oggi è il compleanno di una scelta, forse anche un pò forzata, ma una scelta operata dai cittadini a cui concorsero, finalmente, anche le donne italiane, vere architravi di un mondo familiare e lavorativo che ha fatto grande l’Italia.
L’Italia non è una nazione qualsiasi, e non solo per il proprio passato ma anche per il proprio presente e, spero, per il proprio futuro.
L’Italia è un Paese che ha qualche zavorra ma è laborioso, capace di rinunce e sacrifici affondando le proprie radici in un istituto familiare che va difeso ad ogni costo anche da astruserie ideologiche.
Oggi, dopo quasi un anno e mezzo di incubo pandemico, forse cominciamo “a riveder le stelle”. Non è finita, ma da oggi ricomincia il nostro percorso di popolo del mondo. Lo facciamo, stranamente, guidati da un governo di tutti (o quasi) plasmato da una guida capace e ferma ma democratica.
Ecco la differenza tra l’Italia con il mondo delle tante finte democrazie mondiali, alla Erdogan, si situa proprio nella capacità di diventare una agorà nelle ore buie della storia.
Non siamo perfetti e forse non siamo un modello da seguire in toto, ma siamo capaci di tutto, di qualsiasi cosa, nel meglio e nel peggio.
Siamo l’Italia e siamo Italiani! Dentro ci scorre il sangue del mondo. La nostra terra ha preso il meglio dal mondo e lo restituisce a piene mani, seppur con qualche stridente ma interessate contraddizioni.
L’Italia ha sopportato tutto, ma non poteva sopportare anche leggi razziali che i savoiardi non seppero o non vollero contrastare. L’Italia non tollera le angherie e le schiavitù. L’Italia è terra di grandi mafie ma è anche la terra di Petrosino, di Falcone e di Ultimo. L’Italia, purtroppo, è la terra delle funivie di Stresa, della Thyssenkrupp di Torino e delle acciaierie di Taranto, ma è anche la terra di tanti capitani d’industria, piccoli e grandi, che hanno trasformato sogni imprenditoriali personali in sogni collettivi, offrendo lavoro e occasioni di riscatto e sviluppo. Questa è la terra di Adriano Olivetti, non lo dimentichiamo mai.
In questi giorni, a volte impazziti, ma pieni di polvere e gloria ricordiamo che le conquiste non sono per sempre.
Per mantenere le conquiste non dobbiamo omologarci l’uno all’altro. Dobbiamo mantenere le nostre diversità. La diversità è ricchezza e mai un limite, lo diventa se si alzano barriere e steccati pensando di salvarsi da soli.
Oggi, quindi, può essere celebrata la storia di generazioni che si sono accapigliate ma che hanno consegnato un tesoro alle nuove generazioni.
La democrazia non può mai essere messa in discussione da teocrazie o da stati autoritari, e nel mondo purtroppo ce ne sono tantissimi e anche di primaria grandezza economica.
La democrazia, nel suo più antico spirito e nella sua forma repubblicana, difendiamola sempre e a ogni costo.
Questa è l’Italia, questo siamo noi.