Ne abbiamo parlato con Claudio Durigon, già vicesegretario nazionale di UGL e Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali dal 13 giugno 2018 al 4 settembre 2019 nonchè, attualmente, autorevole componente del gruppo parlamentare della Lega alla Camera dei Deputati.
Claudio Durigon, già sottosegretario nel primo Governo Conte e tra gli autori della riforma pensionistica, meglio conosciuta come Quota 100, può dirci alla luce dell’emergenza sanitaria derivante anche dall’applicazione delle misure di contenimento del Covid-19, in che stato di salute versa il mondo del lavoro italiano e, secondo lei, cosa è possibile prevedere per il prossimo futuro?
“Già prima della situazione del Covid, l’Italia purtroppo versava in tassi di disoccupazione alti. Naturalmente la riforma di Quota 100 che noi abbiamo messo in campo (Primo Governo Conte) è stata una iniezione di possibilità per dare risposte per lo meno sul fronte dell’entrata nel mondo del lavoro, tanto è vero che, prima del Covid, i tassi di disoccupazione erano abbastanza buoni, addirittura il tasso di disoccupazione giovanile era sceso al di sotto del 21%, dal 31% che avevamo precedentemente. Quindi abbiamo dimostrato anche lì che con una politica di uscita ci può essere sicuramente un ingresso nel mondo del lavoro diverso. Invece riguardo quello che sarà il post Covid, ammetto che è drammatico. Già l’Istat ci dà più di un milione di posti di lavoro che in Italia andremmo a perdere. Abbiamo una necessità di riformare tutto il sistema, dalla formazione all’ingresso del lavoro. Questo governo è miope, anzi forse anche cieco. Non vede quello che serve davvero. Nel periodo Covid il Governo si è limitato a mettere la barra sulla fase assistenziale. Il Governo non ha capito che le aziende hanno bisogno di avere un quadro di chiarezza con immediatezza, soprattutto sul fronte della tassazione e della semplificazione delle procedure per la cassa integrazione. Insomma, la situazione è abbastanza drammatica. Il calo del Pil del 14% che si prevede in questi mesi fa pensare che avremo un autunno davvero caldo, ma caldo davvero.”
Quali politiche il Governo dovrebbe mettere in campo, proprio alla luce di un incipiente autunno caldo?
“Innanzitutto, bisogna aiutare chi oggi può dare lavoro. Visto che abbiamo impegnato 80 miliardi in deficit devono essere messi anche per abbassare le tasse finalmente abbassare il costo del lavoro, sia per i lavoratori che per le aziende. Insomma, un Governo che non ha pensato a quelle che erano le reali risposte da dare ha fatto tante piccole marchette come posso essere considerati i 100 milioni per il bonus per il monopattino e per le biciclette. Insomma, l’Italia aveva bisogno un vero piano industriale di rilancio. Ma non è stato purtroppo fatto.”
Soldi che ci sono o sono soldi virtuali?
“Io penso che, in questa fase, non si può pensare che il deficit non fosse da farsi. Lo abbiamo anche votato perché pensavamo fosse giusto. Ma ciò che non andava fatta è stata la politica che il Governo ha poi messo in campo. Noi immaginavamo una politica di contrappesi. Per capirci bene, significa che, a fronte di una politica assistenziale, avrebbe dovuto esserci, anche e soprattutto, una politica espansiva e di investimenti. Questo non è avvenuto e quindi l’Italia oggi rischia di pagare un dazio davvero molto esoso.”
Claudio, un uomo come lei che è nato al Sud, seppur dalle lontane origini venete, che milita nella Lega cosa dice al Mezzogiorno d’Italia?
“Ritengo che sei noi vogliamo che l’Italia possa avere una vera ripartenza, dopo l’emergenza del Covid, non possiamo prescindere da una modifica delle velocità che sta vivendo oggi il Mezzogiorno che, a sua volta, è determinante per la crescita dell’intero Paese. Le infrastrutture sono determinanti per lo sviluppo, ma al Sud purtroppo mancano. Così come è determinante sia una visione d’insieme dell’economia che tenga dentro, in uno stesso ragionamento le varie parti d’Italia, che di politiche di espansione delle aziende nei vari settori industriali. Questo la Lega ce l’ha ben in mente. La verità è che se vogliamo rilanciare il Paese e che esso possa avere un peso diverso anche in Europa non si può prescindere da quello che è la realizzazione di un percorso di crescita del Sud, ma di un Sud diverso che ha necessità probabilmente di rivedere teorie ormai datate e che comunque hanno nel tempo dimostrato di essere fallite proprio sul versante della crescita. Noi vorremmo dare una opportunità nuova ad un Sud che ha bisogno di assicurarsi un futuro di crescita e sviluppo.”
Lei è stato un importante sindacalista dell’UGL (vicesegretario nazionale) ed è impegnato, insieme ad altri, a riscrivere i principi della rappresentanza e della rappresentatività nel mondo sindacale. Quali sono le scommesse da vincere in questo settore?
“In un Paese, ma direi meglio in un mondo, che si sta rinnovando tutto è impensabile che i vecchi schemi si possano tenere ancora in piedi. Quindi le egemonie create per indotto e non per verità è impensabile che possano ancora essere vissute come lo sono state fino ad oggi. Io credo che la evoluzione del sindacato debba andare verso un sindacato di servizio per i lavoratori. Quindi le vecchie teorie e i vecchi schemi per mantenere lo status quo non possono essere accettate. La libertà di rappresentare il lavoratore deve appartenere a tutti e qui non ci possiamo più permettere alcune sigle che fanno da contrappeso a che non si verifichi questo. Mi sembra un pò come la battaglia che sta facendo la Lega che tenta di innovare i processi politici facendoli uscire dai palazzi del potere tradizionale. Allo stesso modo succede nel mondo sindacale, ove alcuni sindacati fanno da freno e tappo al cambiamento e all’innovazione che, invece, andrebbe a tutto vantaggio del mondo del lavoro.”
Grazie per l’intervista
Grazie a lei, direttore.