Da piccola, quando ero davvero una bambina, mi ricordo quanto adoravo andare a tutte quelle feste di paese dove camminando verso le luminarie iniziavi a sentire il profumo dell’estate, della spensieratezza e perché no dei panini con la salsiccia che mangiavo per strada, ma soprattutto mi piaceva girare per le giostre e non perché realmente volessi andarci, solo per osservare gli altri bambini come me che accoglievano questa grande gioia a braccia aperte ed ero felice per questo, sapevo che c’era qualcuno più coraggioso di me che quella maledetta felicità se la mangiava a morsi e faceva di tutto per prendersela, come se fosse una dovuta pretesa, un diritto giusto e meritato.
Sono cresciuta un po’, tanto quanto basta da tentare sufficientemente me stessa a salirci su quelle giostre. Non lo reclamavo come mio diritto, bensì come mio dovere provare a farlo per capire cosa fosse la felicità o per meglio dire l’illusione di una felicità.
Come sospettavo non ho avuto la stessa felicità di quando guardavo gli altri esprimere da tutti i pori la loro gioia.
Quante volte mi sono sentita una bambina sbagliata.
Una bambina e basta, semplicemente.
Invece no, mi ponevo domande, mi chiedevo spesso “perché non sono come gli altri?”. Allo stesso tempo ero felice di non esserlo e come tutti quei bambini che in comune hanno gli stessi pensieri, ti isoli e così man mano cresci e crescendo inizi a sentire che ti manca qualcosa e quel qualcosa, quel qualcuno è il bambino che hai lasciato indietro e che non hai saputo stringere forte, lo stesso che nessuno è stato capace di stringere, di proteggere e amare così com’è.
Da adulto incontri l’amico immaginario che non hai incontrato da bambino e che è diventato con il tempo lo specchio di te stesso e quella che all’inizio era paura finisce nel trasformarsi in un riflesso incondizionato della tua anima.
Oggi ho la stessa felicità che avevo in quei momenti, andare in un parco giochi, alle feste di paese e osservare i bambini che giocano felici, liberi e sereni. Oggi sono giunta ad una consapevole certezza, cosa vorrò un giorno insegnare a mia figlia, ovvero che la felicità non bisogna reprimerla, qualunque essa sia, qualunque forma abbia, perché ognuno ha la sua.
Siamo tutti su un unico prato, ma non siamo tutti gli stessi fiori e come è bello che sia, ogni fiore è diverso, ha il suo colore, la sua fragranza, il suo tempo di fioritura e la sua cura per poter raggiungere il suo massimo splendore.