L’immagine di una faina sulla copertina cattura l’attenzione, il colore blu notte funge da cornice. Un’eleganza grafica che identifica nell’immediatezza la casa editrice Sellerio.
Il titolo del romanzo è I miei stupidi intenti dell’esordiente Bernardo Zannoni, che, a sorpresa, trionfa al Premio Campiello 2022.
Scorro velocemente con gli occhi alcuni passi. L’incipit mi piace, la scrittura è limpida, rapida.
Lo compro. Lo leggo in pochi giorni.
Non è un capolavoro, inutile girarci intorno. È un testo, però, che a differenza di tanti prodotti editoriali in circolazione, con leggerezza nello stile e con originalità nella scelta dei personaggi di cui narrare, offre uno spunto di riflessione su “ciò che l’uomo è: un animale che esita e, proprio per questo, pensa, ama, reagisce.”
Senza impegolarsi in contenuti squisitamente filosofici e antropologici, il giovane autore ci dona una piacevole lettura, in chiave pop, sulla fragilità e la libertà che la consapevolezza della “finitudine” ci impone di affrontare, senza alcuna effimera illusione. In questa lucida accettazione, c’è tuttavia una scappatoia che volge al non finito, ed è quell’oltre dato dalle storie, da quei tesori da scoprire fatti di parole, immagini e sensazioni racchiusi in una pagina, quella della Vita, che perdura nel Tempo.
Tutt’altro che uno stupido intento.
“Più scrivo, più l’ossessione della morte si fa leggera. La sconfiggo ad ogni pagina, specchiandomi nel colore, nelle linee che traccio. Dio porterà la mia anima chissà dove, disperderà il mio corpo nella terra, ma i miei pensieri rimarranno qui, senza età, salvi dai giorni e dalle notti. Questo basta a darmi la pace, come il Paradiso per Solomon. Forse, come aveva scritto lui, davvero sono un uomo anch’io, e sarò salvato. Forse Dio mi ha reso un animale per mettermi alla prova.”