Film in concorso al Festival di Cannes 2023, presente nelle sale italiane da qualche settimana.
Come sempre accade in merito a talune pellicole, non leggo recensioni per evitare condizionamenti nella visione. Senza alcuna aspettativa, mi godo “Il sol dell’Avvenire” dal primo all’ultimo ciak, “azione!”
Un film nel film: si parla di cinema, si omaggia il grande cinema. Una trovata non proprio originale – è vero – ma un modello più che efficace per stimolare una presa di coscienza (sociale e politica), pur senza slow burner esplosivi.
Non credo sia il dono senile di un regista “faticoso”, colto e ironico; né un concentrato di citazioni cinematografiche dotte; né una posizione radical chic di un pensiero laterale in declino.
È, sic et simpliciter, l’espressione di una denuncia, artisticamente morettiana, della attuale mancanza di cura verso la settima arte, un tentativo – graduale e nostalgico – di restituire ad essa la sua accezione più alta: strumento essenziale a difesa della fantasia, dell’informazione, della divulgazione del sapere.
Il presente è un circo mediatico dominato dal Nulla, in esso non può trovare spazio l’etica, la bellezza eversiva di uno sguardo che guarda “all’arte di un mondo antico”. Eppure, c’è l’in-canto, il trionfo della Musica, musa e consueta, grande co-protagonista.
Canticchio e trascrivo uno dei brani che accompagnano una scena:
Et si tu n’existais pas
Dis-moi pourquoi j’existerais?
Pour traîner dans un monde sans toi
Sans espoir et sans regret
Et si tu n’existais pas
J’essaierais d’inventer l’amour…
L’Amore, parola chiave per l’eresia, il rito, il coup de théâtre.
Trasporto emotivo non come consolatorio richiamo alla speranza per sfuggire al mal de vivre, ma potente virata allo stupore, all’imprevedibile non previsto dal copione chiamato vita.
Una narrazione del se fra sé, un ritorno coerente alle origini.
Che piaccia oppure no, Nanni è tornato nelle sale. A lui il mio “bentrovato”.