“Le creature” è il titolo del libro di Massimiliano Virgilio (edito da Rizzoli); non so se perché sono di Napoli o per i bambini della copertina ma appena ho visto il volume ho pensato all’accezione napoletana del termine: la creatura è il bambino indipendentemente dal sesso, dalla provenienza geografica, dalla religione. Poi ho guardato meglio le figure che abitano la copertina: i due bambini hanno tra le mani dei fucili e dei giocattoli. Le due cose, apparentemente in stridente contrasto, raccontano una spietata realtà.
Leggendo le 237 pagine mi chiedevo: ma saranno storie vere? Più leggevo e più mi sentivo stringere stomaco e cuore, poi i luoghi, alcuni riferimenti a fatti di cronaca che accadono al Centro direzionale di Napoli mi hanno convinta che fosse tutto reale.
Esistono bambini, dunque, figli di stranieri, di immigrati, di irregolari, che vengono ˈaffidatiˈ dai loro genitori, che non possono fare altro perché non hanno risorse o alternative, a donne che, dietro pagamento, li prendono nelle loro case (?) e li fanno sopravvivere fino a quando i loro genitori, molto raramente, li vengono a riprendere o li abbandonano al loro destino. Questi bambini non esistono per la legge, per chi li accoglie, e per tutti: sono solo dei fantasmini.
Tutti i protagonisti di queste storie non conoscono l’amore, la normalità ed il calore della famiglia, ma imparano presto ad arrangiarsi, a sopravvivere. Non è cosa da creature dovere resistere alle brutture del mondo della Leonessa, la donna che li accoglie, dove non c’è luce, solo una lunga sequenza fatta di neri, grigi, di spazi senza luce ma pieni di rumori. La morte di uno dei suoi gemelli e la presenza del gemello sopravvissuto sono le cause dell’essere anche lei come un fantasma.
Il protagonista è Han, un fantasmino cinese di circa 12-14 anni, nato in Italia che conosce l’italiano benissimo e poche parole di cinese, che, catapultato in questa non vita, vi si oppone grazie alla sua intelligenza, al suo coraggio, o forse grazie alla sua voglia di vivere. E poi c’è Nina una ragazza costretta a vivere in un busto di gesso, orfana, una perla in un mare di cemento. Sarà l’amore di Nina a guidare Han verso la fuga.
La scrittura di Virgilio è una marea in piena, un invito a proseguire la lettura e man mano che si legge i personaggi, invischiati nelle loro storie, ti risucchiano nel loro mondo. Ti senti scomodo, quasi sporco di bava di cane, di sputo, di sangue e ti viene voglia di chiudere il libro e cercare di dimenticare. Ma Han, Nina, Manuel, Ismail, Dimitri ti risucchiano, ti cercano e tu ci ricaschi, riprendi il libro e continui a viaggiare sul Doppio Senso, al Centro direzionale, tra le baracche di Poggioreale ed è proprio tra questi luoghi che capisci di avere trovato un posto dove stare, solo per un po’ ovviamente.
Nulla è più reale della realtà, ma devi essere capace di raccontarla e Virgilio, ancora una volta in un suo libro, è perfetto. Per leggere alcuni libri “devi imparare a respirare sott’acqua”: ecco credo di averlo imparato a fare leggendo questo volume.