E solo con il loro bacio,prendo sonno…
La violenza domestica è il comportamento abusante di un compagno, in una relazione intima di coppia, quale il matrimonio o la convivenza.
Perpretata prevalentemente dagli uomini contro le donne, spesso utilizzata nei confronti non solo del congiunto ma di tutta la famiglia. Quindi anche nei confronti dei figli. All’interno dell’intero nucleo familiare, proprio tra le mura di casa. Nel luogo ritenuto più sicuro.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) considera come forma di violenza domestica quella fisica, psicologica e sessuale, includendo, inoltre lo stalking e l’abuso economico. L’uso di minacce, intimidazioni, isolamento, negazione delle colpe.
Giulia (il nome è l’unica cosa inventata in questa triste storia) è una donna che oggi appare bella, forte e soprattutto grintosa. Finalmente libera da ogni catena.
L’intervista prende vita, in maniera confidenziale, in un bar, davanti a due caffè, poi diventati quattro e tanta dolcezza.
“Un tempo non ero cosi coraggiosa, ma ho dovuto esserlo per i miei figli”, queste sono state le prime parole della donna.
Quando ha avuto inizio tutto questo?
“Tutto è cominciato nel 2001. All’inizio i comportamenti di mio marito pensavo fossero passeggeri, ma con il tempo sono divenuti sempre più marcati, in tutti i sensi. E sono durati per ben 11 anni. Era un tipo geloso e possessivo, aggressivo, nei miei confronti e dei miei figli. Non potevo truccarmi, uscire con le amiche. Non mi era permesso di essere bella, volevo esserlo non per gli altri, ma per me stessa. Tendevo ad ingrassare giorno per giorno. Non stavo bene con il mio corpo e la mia mente. Non mi era permesso lavorare ed essere indipendente. Perché se avessi conosciuto il mondo fuori, sarei potuta evadere da lui e trovare la libertà di donna. Ho sofferto per due anni di disturbi d’ansia e depressione, con tanto di cura farmacologica. Tenuta sempre ben nascosta soprattutto ai miei genitori”.
Com’era lui in casa, come si comportava?
“Era spesso assente e quando era in casa, la sua presenza non passava mai inosservata. Procurando terrore. Lavorava, ma il suo stipendio veniva utilizzato per il gioco d’azzardo e l’alcool. Spesso tornava a casa ubriaco e sempre più violento. Ciò che mi faceva star male era il fatto che la sua rabbia venisse scagliata fisicamente, non solo contro di me ma soprattutto nei confronti dei miei tre figli. A volte scappavano di casa per rifugiarsi dai miei genitori che non avevano percepito il malessere nella nostra famiglia. Il primo figlio decise alla maggiore età, di andarsene definitivamente dalla nostra abitazione e paese di origine. La scusa era stata un’importante opportunità di lavoro all’estero. Ma in fondo ho cercato con tutta me stessa di allontanare almeno lui, il più grande. Tramite conoscenze mie, ho fornito lui la possibilità di andarsene. Tant’è che nelle prime settimane non chiamava quasi mai, come a trasmettere il messaggio di distacco da questo inferno vissuto e lasciato qui”.
Come nascondevi le percosse?
“Con un semplice: sono caduta, ho sbattuto contro un mobile. Nulla che fosse riconducibile a lui. Fino a quando un giorno il più piccolo confessò a mio fratello l’inferno che vivevamo in casa. Delle volte che venivo picchiata. E se difesa dai miei figli, venivano brutalmente presi d’assalto anche loro. Degli attimi strazianti in cui non potevo permettermi un pasto per i miei figli.
Lo stipendio non lo portava mai a casa. E quando non sai cosa mettere in tavola o privare di qualcosa ai tuoi figli, inizi lentamente a morire. Giorno dopo giorno. Mia mamma, forse anche grazie all’istinto innato delle donne, percepiva che qualcosa non andasse mi regalava provviste per l’inverno che tendevo a nasconderle, in quanto lui avrebbe fatto si, di privarci anche di quelle per regalarle ad un amico, per la sua apparente generosità e bontà. Un grazie lo devo ad una carissima amica. Mi ha sempre aiutata in tutti i sensi a rialzarmi, senza mai giudicare le mie non scelte. Essendomi sposata giovanissima, accecata dall’amore, non sapevo come comportarmi con i miei figli. Non ero più in grado di regalare loro carezze. Lei mi ha insegnato a dialogare con loro, a capire le loro necessità adolescenziali, senza mai ostacolare le loro scelte intraprese da adulti”.
Quando hai iniziato a vedere un po’ di luce in fondo a questo tunnel?
“Ho impuntato i piedi e un giorno sono andata a lavorare. Avevamo bisogno di entrate. I miei figli avevano bisogno di mangiare e di condurre la loro vita. Non volevo essere una mamma ingrata e giudicata dalle altre. Dovevano essere alla pari dei coetanei.
Anche se non potevo permettermi il lusso che oggi, essendo dei grandi lavoratori, provvedono a procurarselo in autonomia, dovevo garantire loro il piatto a tavola, i libri per studiare. Lavoravo in un ristorante in quel periodo. Ed ebbi il modo di conoscere e farmi delle amicizie. A vedere la realtà, il mondo. Fino a quando non incontrai un uomo più grande di me. Mi corteggiò. Vedeva il mio sorriso, sono sempre stata solare, ma i miei occhi all’ora erano tristi e spenti. Ma ciò che mi coinvolgeva erano i suoi modi garbati.
E non la sua posizione, era un avvocato. Colto, preparato. Ma io vedevo solo una persona che percepiva in me una donna e non una sottoposta o una sacca da boxe per sfogarsi. Mi propose di partire con lui, di andarmene da lui, con i miei figli a Milano. Per questo me ne innamorai: accettava tutto il pacchetto. La risposta non fu imminente, mi diede il tempo per rifletterci. E quando ebbi deciso, volevo partire con lui, ma non c’è stato mai il modo di farlo. Per due mesi non lo sentii. Ormai perse le speranze, pensavo si fosse trattato di una bugia. Dell’ennesimo inganno da parte di un uomo. Ma venni a sapere che era morto con un infarto fulmineo nella sua casa a Milano. Quest’uomo senza neanche che lo sapesse, non ho fatto in tempo a dirglielo, ma lo porterò sempre nel mio
cuore e finchè avrò vita. Perché è stato un angelo che è venuto un attimo in terra e mi ha messo sulla via corretta. Quella della speranza e del coraggio a ribellarmi da questa condizione. E farmi capire che il suo era amore e non quello che vivevo tutti i giorni.
Da questa esperienza ho avuto il modo di rialzarmi e prendere in mano la mia vita da donna, figlia e madre. Da essere umano“.
Se oggi dovessi descrivere la tua vita?
“Ora sono felice, non mi manca nulla. Sono nuovamente sposata, anzi sono sposata, con un vero e proprio uomo. Siamo complici.
Vivo nella mia casa con lui e con i miei figli. Il più grande e tornato da me, lavora e si sta realizzando professionalmente, il secondo è felice in un’altra regione, lavora e viene in ferie dalla sua mamma, ed il più piccolo ha raggiunto la maturità scolastica quest’anno.
Ora stiamo progettando il suo avvenire. Oggi mi sento una donna a tutti gli effetti. Sono una madre sempre presente e che finalmente riesce a tenere il frigo e la dispensa sempre piena. Ho buttato tutto del passato, a partire dai mobili ormai rovinati dai calci e pugni, e dall’album di foto della mia prigione. La casa non ricorda più nulla di lui, come se non fosse mai vissuto li.
Ho pagato tutti i suoi debiti, non avrei mai voluto che i miei figli avessero problemi con creditori o banche. Se li ho privati parte della loro infanzia e dell’adolescenza, li avrei resi felici e sereni in età adulta”.
Quale messaggio vorresti trasmettere a chi oggi vive questo malessere per incoraggiarle a reagire?
“Dovete reagire subito e non dopo anni. Non dovete dire: non lo lascio per i miei figli, ma ben il contrario: lo lascio per i miei figli perché sono loro i primi a soffrire. Oggi hanno imparato a vivere. Sanno cosa sia una carezza, un bacio affettuoso, ad esternare le loro emozioni. Se tenuti dentro questa conflittualità c’è il rischio che possano prenderlo come esempio, perché conoscono
solo quella forma di non amore. Non mi vergogno a dirlo e ne vado fiera e vorrei che tu lo scrivessi in questo articolo: ogni sera vengono nella mia stanza e mi baciano. Loro pensano che io dorma, ma attendo questo momento con il più importante della giornata, facendo finta di dormire. E solo con il loro bacio, prendo sonno. Acquisto sempre più forza per affrontare un nuovo giorno. Oggi l’unica alzata di mano che concedo ad un uomo, è una carezza al viso”.
Giulia oggi è come un’araba fenice. Risorta dalle ceneri più volte. Ma ora che ha spiccato il volo, nessun mostro può tarparle le ali.